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Tuesday 9 August 2011

La violenza verbale

Ogni volta, dopo aver assistito a una violenza verbale - soprattutto quando ne sono vittima, anche se forse in realtà in questi casi non si ha sempre la prontezza di riconoscere immediatamente ciò che si ha appena vissuto - mi domando se tale violenza avvenga perchè, in fin dei conti, la persona verbalmente violenta è a corto di argomenti per dimostrare che ha ragione (se non quando si tratta in particolare dell'educazione della persona stessa e in generale dell'insieme delle sue esperienze passate ad averla abituata al suo uso); sotto la definizione di violenza verbale rientrano dunque, da questo punto di vista, anche la menzogna e un uso deliberatamente mistificatore di artifici retorici. Questo tipo di riflessioni insieme alle esperienze accumulate mi hanno portato nel tempo ad affinare la capacità di riconoscere le mie proprie violenze nei confronti degli altri e a indagare ogni volta sulle cause che le hanno scatenate e sulle modalità sotto cui esse si sono manifestate. È chiaro che le cause possono essere anche giuste, nel senso che in determinate situazioni la propria ragione ci appare talmente evidente che ci convinciamo che chi la contrasta stia spudoratamente cercando di imbrogliarci); tuttavia ciò non ne giustifica comunque l'uso, anche se rimane aperta la domanda se in alcuni casi estremi sia, se non lecito, almeno fisiologico (e quindi preferibile o comunque inevitabile) rispondere alla violenza verbale con la stessa arma (vedi discussioni in cui sono fortemente coinvolte le emozioni, per esempio nel litigio di due innamorati). 
Propongo per lo sviluppo del genere umano di prefiggerci come obiettivo lo sviluppo di un sapere, di una filosofia, di un'attutidine che ci porti a saper riconoscere ogni violenza verbale, sia compiuta che subita, in modo da estirparle dalla nostra società, da esserne liberi, sia attivamente che passivamente.

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