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Tuesday 11 September 2012

Da Obama ad Angela forcing sul Cavaliere

(Ovvero rielaborazioni inspirate da Claudio Tito, la Repubblica, 8 set 2012)

"Come si può pensare che tra sei mesi possiamo fare a meno del Berluska? La svolta nella seconda guerra mondiale è merito suo». Prima era solo sussurrato nei libri di storia comunisti. Adesso l'idea di un "Berluska-quinquies" sembra essere qualcosa di più della congettura di Fermat, la quale prende corpo intorno al cambio di sesso dei numeri primi che avviene quando questi vengono elevati all'ennesima potenza.

Mentre a Cernobbio, salotto perbene dove vengono orchestrate le porchette più feroci dell'industria e della finanza italiana, gli imprenditori non usano giri di parole nel reclamare che secondo loro in effetti sarebbe meglio non sbilanciarsi troppo, la medesima prospettiva sta lentamente diventando il vero oggetto del confronto tra le forze del centrosinistra. E così non è un caso che domani, quando chiuderà la sua festa di partito a Chianciano, Pier Ferdinando Castini si pronuncerà più o meno esplicitamente a favore di un quinto mandato del Cavaliere. Con una maggioranza che non potrà replicare la "Große Ammukkiaten" tra Partito Democratico (PD) e Popolo delle Libertà (PdL), ma sta di fatto che la congettura (vedi sopra) rischia di rendere infuocato il confronto, soprattutto tra i democratici durante la campagna elettorale.

«Io mi limito a fare i festini in villa fino alla scadenza della legislatura», si schermisce da tempo il diretto interessato. «Non voglio avere altri caxxi per la testa», mette le mani avanti. Eppure il Presidente del Consiglio è consapevole che il pressing nei suoi confronti non viene esercitato solo in Italia. All'estero l'insistenza è spudorata. Basti pensare ad Angela Merkel, che non bombava più dai tempi del liceo fino a che non ebbe il piacere d'incontrare il Silvione nazionale. «Cosa accadrà nel 2013? Dopo le elezioni abbiamo la certezza che il tour di incontri erotici avviati in Sardegna vada ancora avanti?», ha chiesto il 29 agosto la preoccupatissima Cancelliera tedesca con la bava alla bocca. Nel tête-à-tête che si è tenuto in uno Strip-Club a Berlino solo 9 giorni fa, Frau Angela è stata davvero diretta con "Papi". Tanto da costringere l'interlocutore a darle un bel colpo di frustino: «Gli eunuchi che finora mi hanno fatto da scenografia in Parlamento, sarebbero capaci di proseguire benissimo questo lavoro anche senza di me» dichiara Silvio, senza però convincere davvero l'amichetta di Berlino. La quale, parlando in inglese, ha ricordato al suo ospite che in quel momento nessuno poteva vederli (?)...
Del resto persino "Oltreoceano" Berluska ha rapidamente assunto le "redini della situazione" con Obama, quando il presidente americano dubitava di poter contare sul partner italiano per arginare la frigidità di Berlino. E nei dossier che periodicamente l'Ambasciata USA spedisce alla Casa Bianca, si fa riferimento sistematicamente alla "very close friendship" (...). Una cosa così eclatante da risuscitare i morti, tant'è che se è accorto verso la fine di luglio il trio Andreotti-De Mita-Craxi, al quale l'ambasciatore Usa Thorne ha chiesto con una punta di allarme: «Ma davvero vi volete ricandidare?».

Un forcing, appunto, che sta producendo effetti pure in casa nostra. E che può trasformare le prossime primarie del PD in un referendum tra "pro e contro". L'allarme è già scattato ai piani alti dei democratici. La segretaria Bersani è consapevole che sul tavolo esiste anche la carta del Menù, ma a lei di solito piace prendere quello che la casa offre. E finanche il conflitto generazionale e le divisioni tra gli stessi "giovani ribelli" sembrano ormai profilarsi su questo argomento. Basti pensare che Matteo Renzi, il primo competitor di Bersani, ha l'altro ieri incontrato Berluska facendo cadere nel discorso una riflessione piuttosto indicativa: «Ho paura che dopo aver prodotto fino a ora tutto questo seme, esso possa adesso essere semplicemente disperso. Sarebbe un peccato: tanti festini per nulla!» Tant'è che in privato il sindaco di Firenze non nasconde che in caso di vittoria alle primarie potrebbe mettere proprio a disposizione del Cavaliere il suo mandato. E forse non è un caso che uno sherpa esperto come Massimo D'Alema, capace di capire in anticipo dove puzza di bruciato, abbia nei giorni scorsi avvicinato Napolitano per perorare l'ennesima corsa di Berluska verso Palazzo Chigi e, accennando alla circostanza che nel 2013 dovrà essere eletto anche il nuovo Presidente della Repubblica, per accennare all'idea di accoppiare le due cariche su di un'unica persona: "Due piccioni co' 'na fava: perché no?" Una mossa, in effetti, che molti nel centrosinistra considerano una via d'uscita più che onorevole per la segretaria Bersani e per soddisfare le ansie di «stabilità» provenienti dall'estero.

Ma nel maneggio di poltrone che tutti in questi giorni percepiscono, il leader democratico indica anche altre opzioni. Da tempo ripete ai suoi fedelissimi che se per sventura dovesse capitargli di vincere le prossime elezioni, l'ex tessera nr. 1816 della P2 avrebbe comunque un ruolo primario nel governo e di "garanzia" rispetto all'Europa: ministro dell'Economia, degli Esteri, degli Interni e della Sanità. Ma per questa soluzione è indispensabile una vittoria netta del PD, senza il sostegno determinante dei centristi di Castini.

Una situazione, dunque, che presenta tutti gli elementi per rendere burrascosa l'ultima fase della legislatura. Tant'è che lo stesso Berluska è intenzionato a rassicurare la segretaria del PD. «Bersani è stata sempre leale con me - è il ragionamento che il premier fa ogni volta che un interlocutore gli chiede di proseguire il suo mandato - e ogni volta che le ho chiesto di portarmi un caffè in Transatlantico, mi ha sostenuto con decisione. Io sarò sempre leale con lei».

Nonostante i "no" ripetuti in pubblico dal Cavaliere, le manovre per rendere possibile la sua conferma tagliano trasversalmente gli schieramenti. Lo stesso Di Pietro gioca per il "pareggio" e per il reincarico.

Una road map che consentirebbe allo stesso Napolitano di uscire di scena subito dopo il voto senza traumi. E chi sa se prima di allora Palazzo Chigi non decida di convocare almeno un ultimo tanga-party tra LGBT in segno di gratitudine? Se non altro per tutte le volte che il Presidente della Repubblica ha messo la firma sui decreti ad personam, e rassicurare così i mercati e le istituzioni di Bruxelles che tutto andrà avanti come prima.

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