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Tuesday 5 November 2013

Astronauti di un'era a venire

Lo sportello si apre automaticamente: entro: è buio pesto; mentre mi metto seduto in posizione, lo sportello si richiude: adesso sono completamente isolato dal resto del mondo. Per concentrarmi su ciò che dovrò fare, semplicemente non ci penso, bensì cerco di lasciare la mente libera di sfogarsi andando a pensare a quello che vuole essa, come le fiamme che si trasmettono spontaneamente di ceppo di legno in ceppo di legno per attiguità finché nel camino non rimane solo cenere.

Provo a convincermi che non ho nulla da perdere e in effetti credo di riuscirci: andare avanti era l'unica, tornare indietro sarebbe stato impossibile... Dopo che alcuni istanti transiscono, il mio pensiero esce e mi ritrovo a passeggiare su una stradina vicino casa: è sera ed è buio, io sono uscito dal lavoro - un pomeriggio faticoso, è il momento cruciale del progetto, ma sono un po' in anticipo, così che posso prendermela con calma e godermi questo ottobre mite... Cinque minuti tutti per sé... La distinzione nella lingua inglese tra i termini "labyrinth" e "maze"... Poter tergiversare, scaldarsi le ossa al sole, bere un caffè al bar... Perdersi... Ritrovarsi... 

Sfilo davanti a case con luci accese: sono cucine, le riconosco dalle posate che sbattono, dai rumori metallici di teglie e ho un déjà vu pensando a quando, ricoverati all'ospedale, si guarda fuori dalla finestra con invidia la gente che, inconsapevole del male che potrebbe essere, cammina tranquillamente per la sua strada, coscienti però del fatto che, una volta fuori, prima o poi anche noi ce ne dimenticheremo e prenderemo a passeggiare anche noi di fronte a ospedali senza neanche accorgerci della loro presenza...

Case: sono conscio del fatto che potrei non tornarci mai più, a casa, ma questo pensiero non mi scalfisce: bene, vuol dire che sono pronto. Con la mente ritorno nella cella iperbarica, apro gli occhi e di fronte a me incomincia a formarsi un chiarore di ghiaccio. Quando lo schermo ha preso forma, con la coda dell'occhio vedo il pubblico in delirio sugli spalti; lo so, urlano e si agitano come piccoli bambini, come bestie, me li posso benissimo immaginare, ma guardare, guardare li posso soltanto con la coda dell'occhio, perché la mia concentrazione deve rimanere focalizzata lì, oltre il muro da superare, il mio scopo, la mia meta è aldilà e mi aspetta: sono la perfezione, non posso mancarla.

Mi arriva il segnale via radio: accendo il motore lentamente, con calma e sicurezza, come un operaio specializzato che da sempre lavori alla sua macchina, macchina che ha imparato a conoscere in ogni minimo dettaglio, sia esso una virtù o una necessità: "una fresa da quattromila e ottocento cavalli vapore signori, sì, una fresa che taglia l'ottone come burro e che potrebbe far finire il mondo in quell'istante, se soltanto lui lo volesse! Ma lui non lo vuole, no, non lo vuole, lui vuole soltanto conquistarlo, il mondo, ha preso questa decisione: mettere il mondo ai suoi piedi!"

Adesso il motore lo sento: un rumore basso, assordante; ad esso congiunte le sue vibrazioni... Calma e sicurezza: adesso sono come un predatore a caccia: ho preso le misure, sono un cacciatore esperto, un conoscitore in questo campo: è fatta, la preda non mi può più scappare, nessun evento fortuito potrebbe più salvarla. E più aspetto, più torturo la mia preda, più le do a capire che per essa non c'è più speranza: sono istinto animale allo stato puro. 

Calma e sicurezza, poi accelererò e condenserò nella mia azione diretta al mio obbiettivo tutta l'energia che sono riuscito ad accumulare: sono eccitato, un proiettile pronto ad essere esploso e colpire senza esitazione, non lo so perché lo sto facendo, sento solo che adesso io, stuntman, pompiere e austronauta in una sola persona, sono in ballo e devo soltanto ballare: vado!


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[Applause, dankeschön!]

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