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Tuesday 29 July 2014

Scrivere

Siamo i soliti tre: io, il foglio bianco e la penna; esso non dice nulla, come sempre, e tiene gli occhi abbassati, o guarda da un'altra parte; io pure non so che pesci prendere; la penna invece mi guarda, timidamente ma mi guarda, con quegli occhi un po' spalancati che oscillano tra l'incredulo-querulo e il fiducioso-imbarazzato: "Farai quello che mi hai promesso di fare, vero?"... "Sì, mi fido di te, lo so che farai quel che mi hai promesso: perdonami se ne ho dubitato"; "Farai quello che mi hai promesso di fare, vero?"... "Sì, mi fido di te, lo so che farai quel che mi hai promesso: perdonami se ne ho dubitato"...

Io lo so che essi mi conoscono bene, oramai, ma esito prima di aprirmi con loro e confessare la mia anal retension... È vero, sono oggetti e quindi qualsiasi spettro di ordine dovrebbe rassicurarli, ma il punto è che alla fine mi sento così intrecciato a loro che non posso fare a meno di credere che la mia pazzia si sia ormai insinuata anche nella loro essenza, animandoli...

Stringo la penna, lei fa una leggera smorfia e i suoi muscoli si tendono: i suoi movimenti cercano di frenare la mia vena, di rallentarla opponendosi a essa; man mano però che il tempo passa e il testo acquista un senso proprio, compiuto, esso fa breccia in essa, aiutandola lentamente a rilassarsi, fino a quando l'abbandono non è completo... A questo punto io, la penna e il foglio siamo un'unica cosa; a questo punto solo qualcosa di esterno come un terremoto o un frusciare di rami in campagna nel primo pomeriggio di una calda giornata d'estate, come un alito di vento discreto sul terrazzo di fronte al mare o uno squillo argentino di telefonino potrebbe interromperci, ma ciò sarebbe come essere scoperti a letto con l'amante: dopo la sorpresa e la vergogna iniziali, in fondo altro non sarebbe che una consacrazione del nostro atto eterno...

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